L’impatto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità: come misurarlo? Una nuova sfida per il SNPA e per Arpa FVG
L’aumento della temperatura, il cambiamento del regime delle precipitazioni e dei venti, le variazioni di frequenza e intensità degli eventi estremi, l’aumento del livello del mare, la riduzione dei ghiacciai sono i principali elementi dei cambiamenti climatici in atto che agiscono sulle specie animali e vegetali dei vari ecosistemi.
Le specie possono rispondere a tali variazioni adattandosi alle nuove condizioni, in virtù della loro plasticità fenotipica, ovvero attraverso la selezione di varianti genetiche la cui fisiologia permetta la sopravvivenza nelle nuove condizioni. I cambiamenti fisiologici, fenologici, demografici, geografici che ne derivano portano inevitabilmente a modificare, oltre che la singola specie, anche le relazioni tra le varie specie. Questo determina il realizzarsi di impatti complessi e, in ultima analisi, la modificazione degli ecosistemi e della loro biodiversità.
Nello specifico, gli effetti dei cambiamenti climatici si riscontrano sulla fisiologia e sul comportamento, sul ciclo di vita, sulla distribuzione geografica, sulla composizione e sulle interazioni delle specie nelle comunità ecologiche: sono già evidenti fenomeni quali gli anticipi nelle fioriture di molte piante e alterazioni nei tempi di riproduzione e migrazione di molte specie animali, la risalita di specie animali e vegetali verso fasce altitudinali superiori e il declino delle specie tipiche di alta quota che non riescono ad adattarsi alle nuove condizioni, la diffusione di specie aliene e invasive tipiche di climi più caldi negli ecosistemi sia terrestri che acquatici, l’alterazione della produzione primaria nei nostri mari e il cambiamento nella struttura e distribuzione di comunità planctoniche e bentoniche marine costiere e profonde.
I tempi di risposta che caratterizzano i diversi processi sono molto diversi: da tempi brevi per gli impatti sulla fisiologia (giorni-mesi) a tempi più lunghi per le variazioni di areale (anni-decenni), fino alle scale tipiche dei processi evolutivi (centinaia di anni-millenni). In alcuni contesti gli effetti dei cambiamenti climatici sono i principali fattori di degrado e perdita degli ecosistemi e della biodiversità, mentre in altri casi contribuiscono ad accentuare ed aggravare gli impatti di altri fattori di origine antropica come inquinamento, consumo di suolo, prelievo eccessivo di risorse naturali, deforestazione, frammentazione degli habitat, introduzione e diffusione di specie aliene.
In ogni caso i cambiamenti del clima avranno conseguenze rilevanti sui sistemi naturali in tutta Italia: le zone alpine e appenniniche di alta quota e, in misura minore, la regione biogeografica mediterranea, sono le aree a maggior rischio di perdita di biodiversità che, ad oggi, hanno subito gli impatti più evidenti.
È proprio per far fronte a questi impatti, nonché a quelli che i cambiamenti climatici avranno su tutti i settori socio-economici, che nel 2015 il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha adottato la “Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici”.
La Strategia individua i principi e le misure per ridurre al minimo i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, proteggere la salute, il benessere e i beni della popolazione, preservare il patrimonio naturale, mantenere o migliorare la resilienza e la capacità di adattamento dei sistemi naturali, sociali ed economici nonché trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche.
Il documento è il risultato dell’attività di collaborazione tra un tavolo tecnico coordinato dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), costituito da rappresentanti della comunità scientifica che opera su questo tema a livello nazionale (ISPRA, ENEA, CNR, Università, Fondazioni,…), e un tavolo istituzionale coordinato dal MATTM, con il coinvolgimento dei rappresentanti di tutti i Ministeri interessati, della Protezione Civile, delle Regioni, dell’UPI, dell’ANCI, ecc..
Al fine di contribuire ad alimentare e ampliare lo stato delle conoscenze su impatti, vulnerabilità e adattamento ai cambiamenti climatici in Italia, a marzo 2016 è stato costituito nell’ambito del Sistema Nazionale di Protezione Ambientale (SNPA) il gruppo di lavoro “Impatti, vulnerabilità e adattamento ai cambiamenti climatici”, coordinato dall’ISPRA e di cui fanno parte diverse Agenzie ambientali, tra le quali Arpa FVG. L’obiettivo è quello di avviare e sviluppare una collaborazione continuativa e sistematica tra ISPRA e le Arpa, finalizzata a valorizzare e rafforzare il ruolo che il SNPA può e deve avere su un tema così emergente, complesso ed interdisciplinare come quello dell’adattamento ai cambiamenti climatici (impatti, vulnerabilità e adattamento), che richiede un’approfondita conoscenza del territorio e delle problematiche locali come base conoscitiva a supporto delle politiche nazionali di protezione dell’ambiente.
Ulteriori obiettivi sono quelli di contribuire ad instaurare un dialogo con i portatori di interesse, di promuovere la sensibilizzazione e l’informazione attraverso un’attenta attività di comunicazione sui possibili impatti, i rischi e le opportunità derivanti dai cambiamenti climatici.
Il primo obiettivo concreto che il gruppo di lavoro SNPA si è dato è la definizione di un opportuno set di indicatori per il monitoraggio degli impatti dei cambiamenti climatici a scala nazionale sui diversi sistemi naturali, sociali ed economici. Ognuna delle Agenzie ambientali che partecipano attivamente al gruppo si è presa in carico, in qualità di “capofila”, uno o più dei diversi temi da affrontare: risorse idriche; desertificazione, degrado del territorio e siccità; dissesto idrogeologico; biodiversità ed ecosistemi; salute; foreste; agricoltura, pesca e acquacoltura; zone costiere; turismo; insediamenti urbani; infrastruttura critica; energia e i “casi speciali” dell’Area alpina e appenninica e del Distretto idrografico del Po.
Arpa FVG, anche in considerazione della notevole diversità geografica, climatica e biologica che caratterizza il proprio territorio regionale, si è offerta di svolgere il ruolo di “capofila” in relazione agli impatti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi terrestri, marini e delle acque interne e di transizione.
All’interno di Arpa FVG, questo lavoro viene svolto da uno specifico Focus group sui cambiamenti climatici, coordinato dalla struttura OSMER (Osservatorio Meteorologico Regionale) e a cui hanno aderito diversi tecnici/esperti che nell’Agenzia lavorano su tematiche inerenti alla biodiversità. Il gruppo sta al momento effettuando una ricognizione dello stato dell'arte – a livello internazionale, nazionale e regionale – in relazione agli indicatori di impatto dei cambiamenti climatici su specie ed ecosistemi, attingendo alle proprie competenze interne e ricollegandosi alle attività già inserite nell’operatività dell’Agenzia, e facendo tesoro di esperienze e materiali prodotti da altre Arpa (es. “Clima e biodiversità. Esperienze di monitoraggio in ambiente alpino” realizzato da Arpa Piemonte nel 2012) nonché di altre risorse e progetti locali (es. “Climaparks”, progetto Interreg Italia-Slovenia 2007-2013).
L’obiettivo per il prossimo futuro è giungere alla definizione di un set di indicatori, che, grazie al costante confronto con la altre Agenzie del gruppo di lavoro SNPA e alla successiva consultazione esperta che verrà svolta a livello nazionale, possa divenire uno strumento utile a quantificare gli impatti dei cambiamenti climatici sui diversi sistemi naturali in tutta Italia.
Ultimo aggiornamento 11/1/2022
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