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Campionamento integrato per la ricerca del fitoplancton potenzialmente tossico

Il campionamento integrato per la raccolta dell'acqua marina ai fini della ricerca e della quantificazione del fitoplancton potenzialmente tossico, permette di ottenere risultati quantitativi maggiormente attendibili e confrontabili rispetto ad altre metodologie come il retino e la bottiglia Niskin.

Tale tecnica, già utilizzata in alcuni paesi europei (Spagna, Portogallo, Irlanda, Regno Unito e Grecia), in Italia è stata applicata  per la prima volta nell'ambiente marino da Arpa FVG nel 2015.

Durante l'incontro formativo,  ”Fioriture algali e biotossine nelle aree di raccolta dei molluschi. La situazione dell’Alto Adriatico”, del 21 giugno 2016 di Legnaro (Padova), presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, al quale Arpa FVG ha preso parte, i tecnici dell'Agenzia hanno riportato la propria esperienza e i risultati dell’attività di un anno di monitoraggio utilizzando questa metodica di campionamento, peraltro richiesta esplicitamente dalla Comunità Europea e descritta nella norma europea UNI EN 15972:2012 “Qualità delle acque. Guida all’esame quantitativo e qualitativo del fitoplancton marino”.

Tale norma consiglia di utilizzare, nei monitoraggi del fitoplancton potenzialmente tossico, dei campionatori quantitativi che integrino la colonna d’acqua, quindi non più il retino, ma ad esempio un apposito campionatore a tubo che prelevi l’acqua di tutta la colonna, producendo un campione rappresentativo della stessa e consentendo di ottenere dei risultati quantitativi attendibili e confrontabili tra loro, secondo quanto richiesto dalle norme e dagli standard europei.

Il nuovo campionatore è stato interamente progettato e realizzato all’interno dell’Agenzia, dai tecnici dell'Arpa FVG.

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Diverse fasi del campionamento integrato di fitoplancton effettuato per mezzo del tubo

Perché si monitora il fitoplancton potenzialmente tossico

Tra gli organismi fotosintetici sospesi nell’acqua (fitoplancton) si possono trovare alghe unicellulari microscopiche, spesso aggregate in colonie, che emettono sostanze tossiche per competere o difendersi da altri organismi marini. Alcune di queste alghe, principalmente appartenenti ai gruppi sistematici dei Dinoflagellati e delle Diatomee, hanno la capacità di produrre tossine dannose per l'uomo.

I molluschi bivalvi (mitili, ostriche, etc.), in quanto organismi filtratori, ingeriscono le microalghe a accumulano le tossine al loro interno. Il consumo di molluschi contaminati può dar origine a intossicazioni alimentari.

Le principali sostanze tossiche sono:

  • DSP (diarrhetic shellfish poisoning);
  • YTX (yessotossine);
  • ASP (amnesic shellfish poisoning);
  • PSP (paralytic shellfish poisoning).

Le biotossine sono composti termostabili, pertanto la cottura dei molluschi non elimina la loro tossicità e non è sufficiente a evitare i sintomi da intossicazione.

L’Europa, già nel 2004, aveva adottato il così detto “Pacchetto igiene”, ovvero un insieme di regolamenti (852, 853 e 854) che definivano il monitoraggio e il controllo ufficiale dei prodotti alimentari, tra i quali i molluschi, per evitare rischi per la salute umana.

Nel 2019 il Regolamento CE 854/2004 è stato abrogato e sostituito dal Reg. n. 627/2019 il quale indica che i molluschi bivalvi non devono contenere biotossine in quantità superiore ai limiti normativi (indicati dal Reg. CE 853/2004) e che devono essere messi in atto, oltre ai controlli sui molluschi, anche piani di monitoraggio per rilevare la  presenza nelle acque di molluschicoltura di plancton tossico.

Arpa FVG è coinvolta, ormai da molti anni, nel monitoraggio del fitoplancton tossico delle zone adibite alla molluschicoltura. Il Laboratorio Acque marino-costiere e qualità dell’aria di Trieste analizza i campioni di fitoplancton per la ricerca e il conteggio delle specie potenzialmente tossiche, peraltro riportate in un elenco specifico proposto dal Centro Ricerche Marine di Cesenatico a tutti i laboratori nazionali che si occupano della problematica. Arpa FVG, grazie a tale monitoraggio, espleta una funzione di early warning (allerta precoce): il controllo delle microalghe potenzialmente tossiche nelle acque della molluschicoltura serve, infatti, a dare l’allerta sulla probabile condizione di futura tossicità dei molluschi.

Nel mare Adriatico, da tempo, si è assistito a un'intensificazione del fenomeno dell’incremento della presenza di specie algali potenzialmente tossiche, dovuto a varie cause tra le quali l’aumento della temperatura media globale, l'eutrofizzazione di alcune aree marine costiere, la comparsa di nuove specie algali alloctone attraverso le acque di zavorra, etc. Il fenomeno, pertanto è in continua evoluzione. Inoltre si presenta ciclicamente ed è stato necessario impostare una continua vigilanza delle acque di molluschicoltura e dei molluschi stessi.

Dinophysis fortii

La specie tossica più caratteristica per il FVG è la Dinophysis fortii, alga unicellulare responsabile principale della presenza di tossine DSP, che possono indurre episodi diarroici e sono state individuate come possibili precursori tumorali. L’alga compare in genere da metà agosto a fine ottobre. È questo il periodo più probabile per riscontrare le tossine anche nei mitili.

In Regione FVG, nel giugno del 2019 con D.G.R. n.923 sono state approvate le ”Linee Guida per il controllo ufficiale delle zone di raccolta, di produzione e di stabulazione dei molluschi bivalvi vivi nell’arco costiero della regione Friuli Venezia Giulia"

L’evoluzione del monitoraggio e i tipi di strumenti ammessi

Per questo tipo di monitoraggio viene esplicitamente richiesto dalla norma il “campionamento rappresentativo della colonna d’acqua”, assieme al campionamento del mollusco. Fino a qualche anno fa si usava il retino in acque con profondità superiore ai 2 m e la bottiglia Niskin in acque con profondità inferiore ai 2 m. 

Il dato rilevato era tuttavia poco confrontabile con le altre misure effettuate nel resto d’Italia o in Europa.

Per ovviare a tale problematica, nel 2014 l’Europa ha dato esplicita indicazione di effettuare campionamenti “rappresentativi” ma di tipo “quantitativo”, in quanto solo così si sarebbero potuti ottenere risultati scientificamente riproducibili, robusti e confrontabili.

Ad oggi, dunque, è indicato il “campionamento integrato quantitativo” secondo la norma UNI EN 15972:2012.

Il campionamento integrato (su tutta la colonna d’acqua) e quantitativo attualmente può essere effettuato attraverso diversi strumenti consigliati dall’Europa:

  • il campionatore a tubo (poco costoso e semplice da utilizzare);
  • i campionatori integrati meccanici ed elettronici;
  • le bottiglie Niskin o equivalenti utilizzate a più profondità per generare un campione composto.

Nel prossimo futuro potrebbero essere stabilite, a livello europeo, indicazioni univoche sul tipo di strumento da utilizzare per il campionamento integrato e quantitativo. Inoltre, potrebbero essere stabiliti eventuali limiti di legge espliciti oltre i quali far scattare l’allerta.

Ultimo aggiornamento 8/4/2022

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